Un interessante articolo tratto dal sito Web: WINESOMMELIER.IT, scritto da Serafina Scirica, il 27 Aprile 2020, dove specifica attraverso numerosi studi scientifici, l'interazione sensoriale tra Musica e Vino.
Nei manuali di degustazione, si guida il lettore ad una corretta analisi sul vino approfondendone gli aspetti relativi alla coltura, al clima, alle proprietà organolettiche, alla scelta dei calici, alle caratteristiche contestuali quali temperatura, umidità, luce etc. Allo stesso modo, viene posta l’ attenzione sul giusto approccio che il sommelier deve avere in sede di degustazione: ad esempio, è noto considerare influente il profumo che si indossa o l’esser un fumatore, non esserlo o esser un fumatore occasionale.
Una corretta esperienza degustativa, che renda giustizia alla bottiglia appena stappata, prevede che a monte il sommelier, a dispetto di un neofita curioso, abbia delle conoscenze teoriche e tecniche e possegga un corretto linguaggio espresso tramite l’utilizzo di una discreta lista di aggettivi delle quali si serve per veicolare l’informazione. Gli indicatori che permettono di etichettare un vino in termini di tannicità, corposità, fruttato, acidità etc. sono conseguenti ad un’accurata analisi sensoriale che vede nella vista il primo approccio: si va perciò dall’analisi dell’etichetta, al colore, agli archetti etc.; si prosegue con l’analisi olfattiva ed in seguito gustativa.
È quindi un’esperienza graduale, step by step, finalizzata alla restituzione delle caratteristiche intrinseche e globali del vino mediate dall’uso di un linguaggio convenzionale, riconoscibile ma ricercato allo stesso tempo.
È quindi un’esperienza graduale, step by step, finalizzata alla restituzione delle caratteristiche intrinseche e globali del vino mediate dall’uso di un linguaggio convenzionale, riconoscibile ma ricercato allo stesso tempo.
L’esperienza sensoriale permette l’integrazione di una moltitudine di elementi che insieme creano una “gestalt”, una “forma”. Certamente la valutazione è attenta, ragionata e consapevole ma talvolta accade, in maniera poco riconoscibile a noi stessi, che certe influenze esterne possano addentrarsi all’ interno dell’esperienza percettiva, modificandola.
Secondo alcune ricerche, che si parli di un sommelier o di un degustatore per passione, nessuno è esente da distorsioni percettive e se si può argomentare di una “gestalt vista-olfatto-gusto” poco si legge di una stretta relazione tra vino ed udito. A parer mio, l’udito da un importante e – oso nel dirlo – sensuale rimando: il momento in cui si versa il primo bicchiere di vino è il momento in cui esso sta finalmente comunicando cosa ha nascosto in sè per tutto il tempo dell’imbottigliamento. Una visione romantica!
Ma adesso, però, proviamo a rispondere alla seguente domanda:
Ma adesso, però, proviamo a rispondere alla seguente domanda:
“In che modo l’udito può partecipare alla valutazione percettiva in egual misura agli altri sensi?”
Se intendiamo l’analisi delle proprietà organolettiche un processo deduttivo che dalle singole caratteristiche restituisce un giudizio più amplio, si opera secondo un processo di “attenzione selettiva” delle singole componenti sensoriali certamente diverse tra loro (visive-olfattive-gustative). In particolare, se pensiamo all’ associazione gusto-udito si opera secondo un “processo crossmodale” che consiste nell’ abbinare gli stessi attributi (es. la dolcezza) a due stimoli differenti attraverso un processo di integrazione multisensoriale.
Prima di spiegarvi il concetto tramite due ricerche (una del 2015 ed una più recente del 2018) vorrei spiegarvi meglio questo meccanismo attraverso un altro esperimento nella speranza di rendere il concetto ancora più comprensibile. Tale esperimento vi spiegherà cosa si intende per crossmodalità attraverso l’analisi dell’integrazione della modalità lessicale con una percezione sensoriale che si avvicina, secondo una mia personalissima interpretazione, ad un esperienza sensoriale di tipo tattile. Avete mai sentito parlare dell’effetto “Bouba-Kiki”?
Vi pongo qui due immagini: a quale delle due attribuireste il nome “bouba” ed a quale”kiki”?
È una mappatura non arbitraria tra suoni e forme. Nell’esperimento è stato chiesto ai partecipanti di associare ad ognuna delle due parole la forma “tondeggiante” o “frastagliata”. Le due parole erano prive di qualsiasi significato semantico ed il principio di base che sottostà a questo meccanismo è la tendenza del cervello umano ad attribuire significati astratti a forme e suoni in modo congruo: a livello fonetico, la parola “bouba” sembra rimandare ad una forma arrotondata delle labbra nell’ esecuzione della parola ed allo stesso modo “kiki” sembra rimandare alla forma più tesa e angolare della bocca.
Dopo questo breve esempio, vorrei nuovamente riportare la vostra attenzione sulla crossmodalità “gusto e suono”. Nelle ricerche che vi presenterò, si è voluto indagare in che misura la musica può influenzare la valutazione durante la degustazione e se l’influenza è più o meno impattante a seconda che il bevitore sia un “bevitore sociale” o un sommelier con un certo grado di expertise: in questa ultima condizione, si suppone che la padronanza di un certo linguaggio permetta più facilmente la capacità di discernimento diminuendo l’effetto distrattore di stimoli esterni, in questo caso la musica.
Un’ elaborazione cognitiva più sofisticata può sovrastare l’effetto dell’influenza della musica?
Al fine, quindi, di spiegare la relazione vino-musica, vi illustrerò la prima ricerca (2015). Per il protocollo sperimentale sono stati scelti due vini: Il vino bianco era un Marcel Martin Sauvignon Blanc 2013, proveniente dalla Valle della Loira in Francia. Ha note di erba, agrumi e uva spina, corpo leggero e alta acidità. Il vino rosso era un Para Dos Malbec 2013, proveniente da Mendoza, in Argentina. Ha note di frutta nera, quercia e vaniglia, corpo medio, acidità media e tannini morbidi. I vini erano stati selezionati per esser diversi tra loro al fine di facilitare l’abbinamento musicale. La musica selezionata era musica classica e nello specifico sono stati scelti il Jardin Sous la Pluie di Debussy , a circa 150 battiti al minuto, un assolo di pianoforte virtuoso con passaggi veloci ed è stato scelto per abbinarlo al vino bianco, poiché secondo una precedente ricerca del 2011, il tempo e il tono alti si sono dimostrati associati ad un gusto aspro e ai sapori di agrumi.
Il secondo brano musicale era Vocalise di Rachmaninoff, un duetto di piano e violoncello suonato a tempo lento di circa 80 battiti al minuto. Questo pezzo è stato abbinato al vino rosso, poiché note più legate e una melodia più morbida sono state entrambe abbinate, secondo precedenti ricerche, a sapori dolci e corpo pieno.
La degustazione è avvenuta accostando sia il vino bianco che il vino rosso ad ognuno dei due brani: quindi il vino bianco sarà degustato sia con Debussy (eseguito per primo) e successivamente anche con Rachmaninoff (eseguito per secondo) e lo stesso verrà fatto con il vino rosso. Parleremo di accostamenti “congrui” se, in base alla descrizione precedente, il vino bianco sarà accostato Debussy ed il vino rosso a Rachmaninoff ed accostamenti “incongrui” se verranno invertiti. Per ogni brano o abbinamento di vini, ai partecipanti è stato chiesto di compilare un modulo di valutazione con scale relative a quanto secondo loro il vino potesse corrispondere alla musica in termini di fruttato, acidità, ai tannini, ricchezza, complessità, al tempo di permanenza del sapore in bocca e alla piacevolezza del vino.
I risultati del presente studio dimostrano che i partecipanti hanno subito l’influenza della musica nella valutazione del vino bianco e vino rosso definendoli secondo una certa gradazione di acidità o fruttato in base alla variazione della musica che li accompagnava: entrambi i vini rosso e bianco assaggiati mentre ascoltavano il pezzo di Rachmaninoff erano significativamente più fruttati ed entrambi i vini rosso e bianco erano percepiti più acidi se accompagnati da Debussy .
Quanto descritto, spiega perfettamente il meccanismo della crossmodalità che può esser spiegato dall’apprendimento associativo derivato probabilmente da esperienze precedenti di accostamenti simili.
ARMONIA e TEMPO, ACIDITA’ e DOLCEZZA
Un modo per spiegare l’associazione che è stata osservata nel presente studio tra il pezzo di Debussy e l’acidità del vino potrebbe essere spiegata attraverso la corrispondenza crossmodale tra acuto e acidità o tra tempo veloce e acidità. Allo stesso modo, l’associazione tra il pezzo di Rachmaninoff e il fruttato potrebbe essere spiegata da una corrispondenza tra musicalità armonica o tra tempo lento e dolcezza (per apprendimento associativo, la “dolcezza” si fa corrispondere spesso al “fruttato”).
IL SUONO “DISSONANTE”
L’ associazione tra fruttato (piacevole) e acido (spiacevole) relativamente a Rachmaninoff e Debussy è interpretabile in termini di melodia e scelta delle note suonate durante l’esecuzione. Questo ha a che fare con la componente edonistica del piacere: una musica quale quella di Debussy è più caratterizzata da dissonanze a differenza di quella di Rachmaninoff.
Per spiegar meglio il concetto illustrato nell’ articolo, vorrei aprire una piccola parentesi per semplificare più possibile la relazione tra “dissonanza e spiacevolezza”. Il meccanismo che sottostà alla “spiacevolezza nella dissonanza” si spiega con un’incapacità del cervello di prevedere la nota o la melodia successiva perché ciò che è imprevisto, di norma, non arreca piacere in quanto sconosciuto. A livello cerebrale, nei momenti che precedono la ricompensa, il nostro cervello inizia a scaricare dopamina ancor prima della ricompensa stessa e dalla quale scaturirà una sensazione di piacevolezza (intendiamo la “piacevolezza” in termini di prevedibilità dell’associazione di un’ azione con una specifica conseguenza, in seguito all’ apprendimento per esperienze pregresse). Nel caso in cui, il nostro cervello non ha la capacità di prevedere perché NON conosce l’esito, esso non rilascerà dopamina per cui non esperirà alcun senso di piacevolezza ma solo un’attesa di qualcosa di ancora sconosciuto.
Nella ricerca, si pone l’accento su l’utilizzo di accordi dissonanti nei brani di Debussy rispetto a Rachmaninoff; infatti, accostando il vino alla musica dissonante ed imprevedibile di Debussy i partecipanti hanno percepito acido (spiacevolezza) il vino, così al contrario la musica con note facilmente prevedibili, ha influenzato la valutazione attribuendo al vino la caratteristica di “fruttato” (piacevole).
COMPONENTE DEL COLORE
Un altro effetto della crossmodalità che può rientrare nel meccanismo di piacevolezza/spiacevolezza è la componente visiva del colore. Ai partecipanti è stato distribuito un calice di vino trasparente che permetteva loro di vedere il colore del vino. E’ stato dimostrato in una ricerca del 2013 che i colori chiari sono associati al tempo veloce ed i colori scuri al tempo lento ed ecco che, proprio come dimostrato nella summenzionata ricerca del 2015, il vino bianco è stato abbinato a Debussy ed il vino rosso a Rachmaninoff.
COMPONENTE TEMPORALE
Avete riflettuto sul fatto che in tutto il tempo trascorso durante le esecuzioni di entrambi i brani il vino… ha decantato?
Da questo si può supporre che la percezione di minore acidità accostata a Rachmaninoff potrebbe esser correlata al tempo che il vino ha avuto per decantare in quanto il brano è stato eseguito per secondo. Di contro, se la percezione del fruttato aumenta con il passare del tempo, ecco che il vino accostato sempre a Rachmaninoff è stato percepito più “fruttato”.
In generale, i risultati del presente studio dimostrano l’esistenza di abbinamenti intermodali tra musica e vino, nonché l’impatto della musica sulla modulazione dell’esperienza del bere il vino.
Un secondo studio del 2018 si aggiunge a questa scoperta ed introduce un’ulteriore variabile: il grado expertise del sommelier come filtro per limitare l’influenza della musica sull’ esperienza sensoriale.
Secondo una ricerca del 1998, i soggetti che non dispongono di strumenti conoscitivi del mestiere tendono ad esser influenzati maggiormente dalle informazioni che provengono dall’ esterno. All’ opposto, essendo l’esperienza degustativa molto complessa, ci si potrebbe aspettare che i sommelier non siano così facilmente influenzabili in quanto dotati di un bagaglio lessicale e semantico amplio.
Quanto può, quindi, il grado di expertise limitare l’influenza che la musica ha sulla degustazione?
Nella suddetta ricerca, la scelta della musica è stata orientata verso un montaggio casuale di differenti brani con un corpo poco strutturato, poco armonico e con numerosi stacchi ed un altro, invece, più armonioso e compatta. I vini selezionati erano due Chardonnay dell’Ontario (Canada): Tawse Quarry Road Organic Chardonnay 2012 ed un Speck Family Reserve Chardonnay 2013. Entrambi i vini erano di color limone chiaro. Presentavano acidità fresca, alcool medio (13%) ed erano stati invecchiati in botti di rovere francese. La metà dei partecipanti ha assaggiato il Quarry Road Chardonnay accompagnati dal montaggio di brani poco armonici e poco strutturati e lo Speck Family Chardonnay era, invece, accompagnata dalla seconda tipologia di brani scelta, quella armoniosa e compatta.
L’idea di base è che la formazione migliora la capacità di discriminazione dei sapori rendendo ipotizzabile che i sommelier siano più capaci di individuare eventuali sottili cambiamenti nell’esperienza di degustazione, risultanti dal modo in cui la musica cambia il focus della loro attenzione. La competenza sul vino potrebbe quindi fungere da moderatore nel modo in cui le persone percepiscono le corrispondenze del gusto e del suono.
Per indagare meglio il fenomeno sono stati condotti numerosi studi di neuroimaging (tecniche che permettono di tracciare la struttura e la funzionalità cerebrale in condizioni di riposo o durante l’esecuzione di attività) allo scopo di individuare l’influenza delle competenze sull’integrazione multisensoriale nella valutazione del vino.
I sommelier attivano quelle regioni del cervello che sono coinvolte in processi cognitivi di alto livello (al livello della corteccia dorsolaterale prefrontale, come si può osservare dalla foto) come la memoria di lavoro (la capacità di “lavorare” con le informazioni in entrata nel momento stesso in cui si sta elaborando un pensiero ed un piano d’azione) e le strategie comportamentali quando assaggiano il vino, a differenza dei neofiti, che attivano maggiormente la corteccia gustativa primaria (posta lateralmente a livello più profondo) e le aree di elaborazione emotiva anch’ esser poste più in profondità.
In uno studio di follow-up del 2014 incentrato sull’effetto della competenza durante le diverse fasi della degustazione, durante e dopo la degustazione, è stato osservato che i sommelier hanno attivato le regioni cerebrali responsabili per l’integrazione sensoriale immediatamente durante la fase di degustazione del vino, mentre per i partecipanti al controllo sono stati attivati solo successivamente la fase di degustazione. Questo risultato implica che i primi, sono in grado di analizzare le proprietà sensoriali del vino in modo più efficiente rispetto ai partecipanti con basso grado di exertise.
Per concludere, è giusto precisare che i risultati non hanno confermato l’ipotesi iniziale. L’effetto della musica sulla percezione influenza anche i sommelier (anche con anni di esperienza) suggerendo che maggiori capacità analitiche offerte dalla tradizionale esperienza di degustazione di vini non sono esenti da eventuali distorsioni percettive in merito.
Foto Copyright | Atlante di Neuroscienze Netter, 2016
Nessun commento:
Posta un commento