lunedì 28 dicembre 2020

Un Brindisi alla Rinascita



Finalmente sono arrivate le feste, anche se con molte limitazioni cercheremo di finire questo tragico Anno, sotto ogni punto di vista, nel migliore delle nostre possibilità, cercando di essere positivi per il 2021 e sperando che con l’arrivo del vaccino in tutto il Mondo, questa brutta situazione possa cambiare e soprattutto finire per sempre.
Io personalmente mi sono preposto molti nuovi obbiettivi, sia lavorativi nel mio settore Musicale, che in quello ludico del Vino, cercando di proporre per il prossimo anno, eventi musicali legati alle Degustazioni Sonore ed anche nuovi concerti con un repertorio musicale completamente nuovo, composto e maturato durante questo lungo lockdown, sperando che tutto possa ritornare alla normalità il prima possibile.
Come potete vedere nella foto qui sopra, ho deciso di brindare all’anno nuovo, ordinando direttamente dalla Francia, dei favolosi Champagne del Vigneron Jacques Defrance, una selezione di Pinot Noir in purezza, sia bianchi che rosè e blend tradizionali veramente eccezionali, per rendere frizzante il nuovo anno in arrivo e rendere meno amaro quello uscente.
Anche per il nuovo anno ho fatto una buona scorta di vini provenienti dalle zone vinicole più importanti della Spagna, una selezione di vini bianchi, rosati e rossi veramente unica per ogni gusto e tendenza, un buon proposito per brindare ai successi e gli eventi eccezionali della nostra vita, perché come dico sempre io, la vita è troppo breve per bere vini pessimi, chiaramente in cantina non mancano selezioni di vini italiani veramente eccezionali, pronti per essere aperti subito ed alcuni in affinamento per essere degustati tra qualche anno dove esprimeranno la loro massima potenza, non dimentichiamo mai che come produttori di vini in Italia siamo al top per diversità e qualità in tutto il mondo, quindi con questa mia breve parafrasi, voglio augurare a tutti quanti un nuovo anno veramente speciale e ricco di nuove idee, emozioni, viaggi e condivisione, tutto questo è in mano alla nostra saggezza e consapevolezza, perché la nostra vera ricchezza è nella socialità e condivisione, un abbraccio a tutti gli amici ed i follower di Bacco per Bacco Italia e The Sounds of Wine, nella speranza di rincontrarci il prima possibile in uno dei nostri bellissimi eventi, potendo condividere insieme ed in piena libertà, nuove entusiasmanti esperienze di vita quotidiana.



Sempre in alto i calici, ciao a tutti e buona Vita!!!


mercoledì 9 dicembre 2020

Dolci Lacrime da Versare


Come vi ho già anticipato dal titolo del Post, queste sono lacrime che verso volentieri, lacrime di vero piacere, avvolgenti, calde e corpose dove ogni sorso ispira il successivo, un vino avvolgente e molto vinoso, dove spiccano profumi di rosa, viola e sottobosco, di una grande rotondità ed un retrogusto quasi dolce di grande persistenza in bocca.
Questo splendido vino nasce e prende il nome da uno dei borghi più belli d’Italia, Morro d’Alba, una piccola cittadina situata a 10 km dal Mare Adriatico, su una delle creste collinari tra Senigallia e Jesi nelle Marche, qui l’antico castello (in passato sede di Federico il Barbarossa), sovrasta e domina il fertile e bellissimo territorio circostante.
Un antico borgo (risalente all’anno 1000) dove storia, cultura, musica ed enogastronomia ne fanno da padrona, oltre al bellissimo centro storico ed il castello, ci sono due originali curiosità che la distinguono, una è il museo “Utensilia” situato nei sotterranei del castello, dove in otto sale sono raccolti oggetti da lavoro tradizionali della cultura contadina mezzadrile (aratri, telai, vagli, carri, botti, scale, falci, torchi ecc.), testimoni dell’autosufficienza della civiltà contadina di quell’epoca, l’altra curiosità è nel mese di maggio quando vengono celebrati i canti e la musica del “Cantamaggio”, qui il risveglio della Primavera è affidato alla gioia di vivere e di sperare, attraverso una serie di canti e musiche bene augurali, dove canti contadini, suoni di fisarmoniche, organetti, chitarre e cembali, invadono tutto il borgo in una grande festa.
Una carta d’identità veramente entusiasmante, dove tutto è gioia di vivere e passione per le tradizioni e la cultura di un territorio veramente eccezionale, musica e vino qua vivono in simbiosi e tutto questo come ben saprete, a me piace moltissimo.

       (Museo Utensilia)

       (Musici durante Cantamaggio)

Il Vino che ho scelto per l’abbinamento musicale, è prodotto dalla Cantina di “Umani Ronchi”, un’Azienda storica di proprietà della famiglia Bianchi-Bernetti, che pian piano dal 1957 si è evoluta ed ingrandita fino ad oggi, con ben 210 ettari di superficie vitata e 10 diverse tipologie di vigneti distribuiti lungo la costa dell’Adriatico per 185 km di filari, da Serra dei Conti nelle Marche, a Roseto degli Abruzzi, producendo vini artigianali di alta qualità in metodo biologico e lavorando in modo sostenibile con l’ambiente, vincitrice di numerosi premi a livello internazionale e considerata da Wine Spectator una tra le 34 migliori Cantine d’Italia.
Un’Azienda che nel tempo ha investito nel proprio territorio e rinnovato dagli anni 70 in poi l’85% delle vecchie viti, recuperando e valorizzando vitigni autoctoni come il Pecorino e il Lacrima di Morro d’Alba, oggi è presente in oltre 60 paesi in tutti i continenti, dimostrando al Mondo intero che si può essere artigiani e fare buoni vini, anche quando si muovono grandi numeri.
Tre sono le cantine di proprietà per tre territori diversi, collocate nei territori di Castelli di Jesi, Conerò e Abruzzo, ognuna di essa con la sua storia e la sua specifica vocazione, La Cantina di Osimo (la più grande destinata ai vini rossi), per quanto riguarda la vinificazione del Montepulciano e gli altri vitigni a bacca rossa, La Cantina di Castelbellino, dove viene vinificato il Verdicchio e La cantina di Montipagano, dove vengono esclusivamente vinificati i vini rossi che nascono dalle uve di Montepulciano d’Abruzzo.
Il brano musicale che ho scelto per l’abbinamento a questo favoloso vino è uno standard jazz interpretato dal famoso contrabbassista Ron Carter “Someday My Prince Will Come”, il brano è caratterizzato da una linea melodica forte ed insolita data dal contrabbasso come strumento principale, molto morbido e rotondo come i tannini del vino, la struttura armonica nel suo bellissimo ritmo 3/4 esaltano le forti note fruttate di lampone, ribes, ciliegia e prugna, il solo di pianoforte sottolinea la gradevole freschezza e la facilità di beva, mentre il finale con in sottofondo i campanellini dell’introduzione, ci lascia in bocca una gradevole e lunga persistenza.
Un’esperienza magica e piena di energia positiva, in un abbinamento musicale veramente gradevole, da degustare quando e dove volete, gustose lacrime di felicità in un connubio armonico veramente esaltante.


mercoledì 25 novembre 2020

Le Nuove Tendenze del Vino


Ecco un interessante articolo tratto da: La Repubblica.it  di Alessandra Favaro del 13 Novembre 2019, in cui spiega le nuove 10 tendenze che stanno rivoluzionando il settore del mondo vinicolo, secondo il parere degli esperti interpellati da Vitavigor,
Buona lettura.


 Dal vino vegano al ritorno dei rosati, dal debutto degli orange wine e del vino alla cannabis, fino ad arrivare al fenomeno sempre più diffuso del “Bring Your Own Bottle”. Sono alcune delle 10 tendenze a livello internazionale che gli esperti interpellati da Vitavigor hanno individuato nel mondo vinicolo, sempre più amato dai millennial.

 
Il vino resta tra le bevande più amate, anche dai millennial.  In Italia lo beve almeno una volta all’anno il 54,1% delle persone e tutti i giorni il 18,2% (dati Istat); i consumi negli ultimi 5 anni sono aumentati dell’8% secondo l’International organisation of wine and wine. Una passione che conquista anche i millennial, che preferiscono vini e liquori alla birra, ribaltando il trend degli anni Novanta, secondo un’indagine di Beer Marketer.
 
Ma quali sono le principali tendenze nel settore vinicolo? E quali fenomeni può produrre in settori commerciali correlati? Se ne è occupata una ricerca commissionata da Vitavigor, storico marchio di grissini a Milano, a Espresso Communication, che ha coinvolto un panel di 40 esperti del settore, tra sommelier e wine blogger. Il risultato potrà supportare il brand a ideare prodotti ad hoc per rispondere alle esigenze di mercato.

I Trend

Il primato spetta ai vini vegani, come sottolineato anche da una ricerca su Forbes, e al mercato dei vini organici, che secondo un’indagine condotta da Reuters crescerà del 14% entro il 2022. Tra le tendenze più curiose figurano anche quelle dei vini all’infuso di cannabis per via delle numerose proprietà benefiche e quella della BYOB, “Bring Your Own Bottle”, ovvero l’usanza portare direttamente da casa la propria bottiglia di vino al ristorante, segnalata da una ricerca britannica pubblicata sul Telegraph, e dei vini a basso contenuto alcolico. La passione per il vino dilaga anche sui social dove sono oltre 51 milioni i post dedicati e oltre 7 milioni i post con l’hashtag #winelover. Spazio anche al ritorno in auge dei vini rosati e al debutto dei vini arancioni.
 
“Il BYOB è un sistema molto diffuso in tanti mercati internazionali. Il consumatore porta la sua bottiglia al ristorante che gli mette a disposizione il servizio professionale, i giusti calici ed anche dei piatti abbinati – afferma Roberto Anesi, eletto miglior sommelier d’Italia nel 2017 e Professionista dell’Anno 2019 – Generalmente si pagano dei "cork fee" per la stappatura che in certi casi possono arrivare addirittura oltre i €150. Per motivi salutistici e per le leggi sull’alcool, invece, il consumatore pone molta più attenzione rispetto al passato al quantitativo di alcol presente nei vini, di conseguenza sempre più produttori si stanno adeguando al trend dei LOW ABV wines”.
 
Anche le star di Hollywood si sono lasciate contagiare dalla “wine mania”: dal musicista premio Oscar John Legend, che ha realizzato una linea di vini personalizzata dal nome Lve (Legend Vineyard Exclusive) a Drew Barrymore, che ha stretto una partnership con la Carmel Road Winery in California per lanciare il suo Pinot grigio, fino ad arrivare a Brad Pitt e Angelina Jolie, fondatori di Miraval, vigneto in Provenza dal valore di 60 milioni di dollari, a Francis Ford Coppola, che ha deciso di mettere i suoi pregiati vini della Diamond Collection in lattina. Tendenza segnalata da una ricerca americana pubblicata su Business Insider secondo cui il 28% dei millennial preferirebbe bere del vino in lattina sul divano di casa per questioni economiche e di praticità. Secondo una ricerca della Cnbc quello del canned wine rappresenta un business da 45 milioni di dollari.
 
A segnalare il trend dei vini vegani è invece Eleonora Galimberti, esperta wine consultant per buyer, appassionati e collezionisti da tutto il mondo: “Tra le tendenze del vino sta prendendo sempre più campo la filosofia vegana. Da non confondere con il bio, il vino ‘vegan’ è prodotto senza interazioni di derivazione animale, sia in vigneto che in cantina, certificato e controllato. Il mercato alimentare testimonia che il segmento è sempre più in espansione, sia in termini di esistenza che di grandi brand”.
Infine secondo Chiara Bassi, sommelier e wine blogger di Perlage Suite, il 2019 è l’anno del ritorno in auge dei vini rosati: “Se da un lato rimangono nettamente meno consumati dei più tradizionali vini bianchi e rossi, si stanno ritagliando una fetta sempre più importante nel settore ho.re.ca. e per questo non sono da trascurare. In estate, quando è più difficile scegliere i vini rossi, è impossibile resistere alla loro freschezza, mentre nel resto dell’anno convincono per la loro grande bevibilità e la facilità con cui si accompagnano a piatti, aperitivi e dessert”.
 
Secondo Chiara Bassi, sommelier e wine blogger di Perlage Suite, il 2019 è l’anno del ritorno dei vini rosati: “Se da un lato rimangono nettamente meno consumati dei più tradizionali vini bianchi e rossi, questi vini si stanno ritagliando una fetta sempre più importante nel settore ho.re.ca. da non trascurare. In estate, quando è più difficile scegliere i vini rossi, è impossibile resistere alla loro freschezza, mentre nel resto dell’anno convincono per la loro grande bevibilità e la facilità di abbinamento”


 Ecco infine la top 10 delle tendenze nei vini che contraddistingueranno i prossimi mesi autunnali e invernali:  
 
 
1.         Vini vegani: bevande prodotte senza interazioni di derivazione animale, certificate e controllate da SGS.
2.         Vini rosati: bevande mediterranee per eccellenza, prodotte da uva rosse e vinificate con un contatto di qualche ora delle bucce con il mosto.
3.         Vini low ABV: vini con un grado alcolico compreso tra i 6 e gli 8,5, fortemente preferiti dai giovanissimi.
4.         Vini organici: ottenuti da uva coltivate senza l’uso di prodotti chimici sintetici o artificiali, e conformi ai principi dell’agricoltura biologica.
5.         Bring Your Own Bottle: è in crescita la tendenza di portare da casa la propria bottiglia di vino al ristorante, avvalendosi del servizio di un sommelier esperto.
6.         Vini alla cannabis: prodotti con cannabis organica e uva fermentate in maniera biodinamica, sono richiesti per le proprietà benefiche.
7.         Vini in lattina: il mercato del canned wine è sempre più in voga per via della sua praticità d’uso e portabilità.
8.         Riesling: prodotto in Germania, si tratta di uno dei vini bianchi più raffinati al mondo, considerato il più ricercato dagli appassionati per via del suo aroma unico.
9.         Vini arancioni: bevande prodotte attraverso la fermentazione di uve bianche con le loro parti solide, ovvero pelle e graspi.
10.       Cabernet Franc: è il vino fruttato francese per eccellenza, contraddistinto per un mix di aromi che vanno dalla frutta alle spezie, oltre a mantenere la sua freschezza e mineralità.
 
Cibo e nuove tendenze del vino: gli abbinamenti 

Gli abbinamenti food più richiesti? Carni rosse, grissini, salumi, pesce alla griglia e verdure in pinzimonio.
 
“Il vino è una bevanda storica che continua a riscuotere grande successo tra adulti e giovani, adatto per un pranzo in famiglia o una cena con amici – afferma Federica Bigiogera, marketing manager di Vitavigor – Per gustarlo al meglio, in linea con i trend del momento, abbiamo creato gli HappyVi, dei mini snack perfetti per accompagnare i principali vini di tendenza.  Il loro formato “mini” è l’ideale da intingere in creme o patè. Per gli amanti del Prosecco, invece, il mio consiglio è di abbinarli al Parmigiano Reggiano”.
 
Per quanto riguarda il vino vegan, la wine consultant Eleonora Galimberti suggerisce anche il grissino classico: “che richiama freschezza, leggerezza, mineralità, equilibrio di aromi e sapori, ma soprattutto persistenza”.
 
Per Chiara Bassi, i rosati stanno tornando in auge anche proprio grazie alla facilità di abbinamento
con cui accompagnano antipasti e primi piatti, ma anche secondi di pesce, pasticceria secca o dessert al cioccolato. La coppia da provare? “Pancetta cotta leggermente affumicata avvolta su grissini salati, con con un bicchiere di vino rosato salentino da uve primitivo”.


Alcune di queste tendenze preannunciate un’anno fa si sono sicuramente avverate, come l’aumento del consumo e della produzione dei vini rosati che stanno conquistando un’importate fetta del mercato mondiale, anche la tendenza alla produzione di vini biologici ed organici è sicuramente aumentata, mentre altre meno a causa anche dell’emergenza sanitaria in corso, sicuramente il futuro del vino è in continua espansione e chi lo sa, forse nasceranno altre idee interessanti da poter sviluppare in futuro, noi le attenderemo con grande interesse e nel frattempo cin cin a tutti quanti!!!

venerdì 13 novembre 2020

I Castelli di Jesi ed il suo Verdicchio


Il Verdiccio è un vitigno a bacca bianca coltivato quasi esclusivamente nelle Marche, diciamo che è un vino molto eclettico e viene prodotto generalmente in purezza, sia per vini freschi di pronta beva, che per vini più strutturati con capacità di invecchiamento, viene anche utilizzato per produrre spumanti (sia in metodo classico che Charmat) e vini passiti.
Il nome Verdicchio deriva dal colore dell’acino, che mantiene forti sfumature di verde anche in piena maturazione, il vitigno è un autoctono delle Marche e le sue origini risalgono fino al XVI secolo, il Verdicchio dei Castelli di Jesi, si distingue molto facilmente per la sua bottiglia esclusiva e molto particolare a forma di anfora, questa fu disegnata negli anni 50 dall’Architetto Maiocchi, per valorizzare oltre al vino anche la sinuosità e la bellezza della Regione Marche.
Una Regione veramente molto bella e caratteristica, con una grande cultura Enogastronomica, dove hanno vissuto Artisti e Studiosi di fama internazionale come:  Raffaello Sanzio, uno dei maggiori pittori del Rinascimento, Giocchino Rossini e Giovanni Battista Pergolesi, musicisti e compositori di grande fama internazionale, Giacomo Leopardi, uno dei più grandi poeti dell’Ottocento italiano, Maria Montessori, nota per il suo rivoluzionario metodo didattico e molti altri ancora.
Maestose e ben conservate sono le mura che circondano la città di Jesi, infatti L’Unesco ha dichiarato Jesi Città Esemplare, grazie alla grande capacità dimostrata nel preservare l’importante patrimonio architettonico, artistico e culturale, mentre nei dintorni di Jesi si trovano graziosissimi borghi, presso cui sono situati i bellissimi Castelli, come il borgo di Cingoli e Apiro.
Il Verdicchio in questione è prodotto dalla Cantina Moncaro, una Società Cooperativa fondata nel 1964 a Montecarotto (Ancona) da cui prende il nome, una delle prime nella zona a sperimentare la coltivazione biologica secondo le direttive CEE, diventata poi negli anni sempre più grande grazie all’acquisizione di altre Cantine come: Cantina del Conero (1995), oggi con il nome Terre Cortesi e la Cantina Acquaviva Picena (1999).
Nel 2000 riceve i primi “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso e successivamente nel 2003 Il Verdicchio Passito, vince il Trophy all’International Wine Challenge di Londra, considerato il campionato mondiale dei vini, anche il Verdicchio dei Castelli di Jesi nel 2010 e 2011 vince tre prestigiosi premi a livello mondiale, nell’International Wine & Spirit Competition a Londra e il Decanter World Wine Awards.


Il brano che ho scelto per l’abbinamento musicale, è una canzone di Phil Collins “I Wish It Would Rain Down”, uno dei suoi maggiori successi in collaborazione con Eric Clapton alla chitarra, introduzione molto intensa data dalla batteria e l’improvvisazione della chitarra elettrica, che fin da subito sottolinea le note fruttate aggrumate come il pompelmo, i cori vocali di sottofondo sempre presenti in tutto il pezzo, esaltano il corpo del vino rotondo ed armonico, mentre la voce solista del cantante enfatizza con i suoi acuti graffiati, gradevoli sensazioni in bocca di freschezza, date dalle note minerali ed acide del vino sempre in un giusto equilibrio tra loro, mentre la chitarra elettrica in contrappunto con il cantante, fa emergere dal fondo note amarognole di biancospino, acacia e sambuco, il finale vocalizzato dal coro in un lungo diminuendo dinamico, esalta una giusta ed equilibrata sensazione di persistenza in bocca.
Un vino da gustare insieme a piatti molto aromatici come un tagliolino al tartufo per esempio, o in un delicatissimo carpaccio di manzo sempre condito con tartufo e parmigiano, mentre in un abbinamento musicale come questo, consiglio di degustarlo in una bella giornata di sole fuori all’aperto magari in ottima compagnia.

sabato 31 ottobre 2020

Il Tartufo Bianco di San Miniato


Il Tartufo Bianco, scientificamente noto con il nome di “Tuber Magnatum”, è un fungo ipogeo, ossia che cresce spontaneamente sotto terra.
Esso si presenta in diverse forme, da globosa a piatta, ma le numerose depressioni sulla parete esterna (peridio), tendono a fargli assumere un aspetto piuttosto irregolare, al tocco si presenta liscio e vellutato, con colori che variano dal crema al giallo ocra, mentre la superficie
 interna (gleba), è chiara con venature marroni.
Inconfondibile è il suo intenso profumo, che ci riporta al naso quella sensazione di idrocarburo come il gas, in un mix che varia dal miele al pungente aroma dell’aglio fino a riportarci olfattivamente al selvatico profumo di bosco umido come il fungo.
Il sapore è intenso ma equilibrato, bastano pochi grammi di tartufo per insaporire qualsiasi piatto, ci ricorda molto il formaggio stagionato, agliaceo e leggermente piccante, ma addolcito da sentori di miele.
La stagione del Tartufo Bianco pregiato cade tra settembre e gennaio, a seconda anche dalla regione di provenienza, come ad esempio: Piemonte, Toscana, Umbria, Marche e Molise.
Ogni specie di tartufo si sviluppa spontaneamente in simbiosi con alcuni tipi di piante, come: Carpino  bianco e nero, Cerro, Farnia, Nocciolo, Pioppo bianco/nero e carolina, Pioppo tremulo, Rovere, Roverella, Salice, Tiglio, che a loro volta sono inclini a crescere in determinate caratteristiche di ambiente e terreno, è un fungo molto esigente e molto difficile da trovare perchè più raro rispetto alle altre specie, per questo il suo prezzo può variare dai €1500 ai €4000 al Kg. a seconda delle annate.
Oltre all’esperienza del Tartufaio nel saper riconoscere i luoghi più vocati alla crescita di questo prodotto, con i loro segreti tramandati da generazioni, essenziale è l’aiuto di un cane molto bravo e finemente addestrato solamente a questo tipo di ricerca, le razze più utilizzate sono: Bracco, Pointer, Lagotto romagnolo, Spinone, Coker e Jack Russel, i maiali sono degli ottimi cercatori di tartufo, ma anche molto ghiotti e quindi non gestibili in quanto non resisterebbero nel mangiarlo, mentre un cane addestrato obbedisce a tutti gli ordini imposti dal suo padrone, senza riuscire a sciupare il prodotto.
Per molto tempo il Tartufo Bianco poteva essere commercializzato solo con il nome di Tartufo Bianco di Alba o Acqualagna, ma con la legge n.752 (1985) si stabilì che il Tuber Magnatum Pico (tipico delle Colline Sanminiatesi), si commerciasse solo con il nome in latino con accanto la zona geografica di raccolta, così la Regione Toscana stabilì le seguenti zone di produzione per il Tartufo Toscano: delle Colline Sanminiatesi, delle Crete Senesi, del Casentino, del Mugello e della Val Tiberina.
Il Tartufo di San Miniato detiene due primati mondiali molto importanti: il Tartufo più grande mai rinvenuto, un tubero di 2.520 grammi che fu donato nel 1954 al Presidente statunitense Eisenhauer, ed il primato di qualità, dovuto alla fertilità dei boschi e anche all’accuratezza e al profondo rispetto per l’ambiente con cui viene fatta l’attività di raccolta, regolata da un severo disciplinare e da una precisa legge regionale che ne delimita la raccolta nei soli mesi di ottobre, novembre e dicembre.
Ogni anno nel mese di novembre per tre fine settimana consecutivi nel centro storico di San Miniato, viene svolta una delle Mostre Mercato del Tartufo Bianco più famose al Mondo, purtroppo quest’anno è stata annulla a causa dell’emergenza sanitaria del COVID 19, fra l’altro era l’anniversario della 50° edizione e sarebbe stata veramente una grandissima celebrazione per tutti i Sanminiatesi.
Uno dei difetti maggiori di questo prodotto è la veloce deperibilità, infatti deve essere consumato entro pochi giorni dalla raccolta e non può essere cotto, ma va aggiunto a crudo (grattato o tagliato a fette molto sottili), sopra l’alimento già pronto per essere mangiato.


Uno dei primi piatti più buoni dove poter degustare il Tartufo è il tagliolino al burro, un piatto molto semplice da preparare e molto gustoso, basta far amalgamare bene il burro con un po’ di parmigiano reggiano e del Tartufo grattato, per insaporire la crema che si viene a formare con la pasta e per ultimo aggiungere sopra il Tartufo tagliato a fette, un connubio di sapori veramente unico.



Per gli amanti della carne cruda, consiglio di degustarlo sopra un Carpaccio di manzo condito con olio extravergine di oliva e formaggio parmigiano tagliato a fette, o in alternativa una Tartare sempre di manzo, magari condita con una fonduta di parmigiano reggiano.


Ma uno dei piatti secondo me più semplici e gustosi dove poter degustare a pieno il Tartufo, è l’uovo fritto al tegamino, qui i sapori si amalgamano alla perfezione in un connubio veramente unico, molti Chef mettono l’uovo a crudo sulla Tartare di manzo insieme al Tartufo, ma secondo me troppi sapori mischiati insieme poi vanno a nascondere la delicatezza e l’aromaticità di questo magnifico prodotto.
Chi più ne ha più ne metta, “dice un’antico proverbio”, in questo caso cade proprio a pennello, un consiglio che vi voglio dare è di diffidare da chi vuole vendervi dei prodotti come l’olio al Tartufo, dovete sapere che le molecole del Tartufo non legano con le molecole vegetali, ma solo con le molecole animali, quindi potete tenere anche un Tartufo immerso in un recipiente di olio per tutto il tempo che volete, senza che l’olio prenda l’aroma del Tartufo, purtroppo esistono in commercio questi prodotti, tutti fasulli e creati artificialmente con sostanze chimiche aggiunte per aromatizzarli.
Qui la scelta del vino non è molto semplice, io consiglio vivamente un vino bianco non molto aromatico e con bassa acidità, per non coprire la delicatezza del piatto, come un Verdicchio dei Castelli di Jesi o un Passerina entrambi provenienti dalle Marche, vini molto delicati e dal giusto equilibrio tra acidità e aromaticità, altrimenti se siete amanti del vino rosso e su i piatti di carne non ne potete fare a meno, vi consiglio un Pinot Noir del Trentino, che grazie ad i suoi tannini vellutati va ad esaltare tutti gli aromi del piatto.


(Le fonti del Post sono tratte da: tartufo.org, Wekipedia e sanminiatopromozione.it)

venerdì 23 ottobre 2020

Il Vino Umbro Vivo


La natura va osservata, va ascoltata, compresa, non dominata.


Questa è la filosofia dell’Azienda in questione: “Antica Azienda Agricola Paolo Bea”, un luogo dove antiche tradizioni e futuro, convivono in simbiosi per la creazione di vini “Vivi”, dove si rispetta pienamente la produzione di prodotti biologici, senza l’uso della chimica di sintesi e di stabilizzazioni forzate ad accelerare la prontezza di beva, rispettando i processi naturali della vigna e del vino.
Situata nel cuore delle campagne di Montefalco in Umbria, l’Azienda si contraddistingue per una architettura quasi futuristica, dove ogni elemento e progetto stilistico è direttamente collegato alla funzionalità e necessità del vino stesso, creando prodotti unici per le loro caratteristiche organolettiche e per la loro continua evoluzione anche post vendita all’interno della bottiglia.
Ho avuto il piacere di visitare questo luogo nel 2014 durante una delle nostre Bacco Reunion con l’Associazione Culturale di cui sono socio fondatore, devo veramente dire che è stata una esperienza esaltante vedere la passione e la cura di ogni elemento nel rispetto della tradizione vinicola, proiettata in un futuro ecosostenibile, dando vita non solo ad un prodotto finale eccezionale, ma anche alla forza di tramandare esperienza ed innovazione di padre in figlio, nel creare vini meravigliosi come il Rosso di Montefalco ed il Sagrantino.
Tutti quanti conosciamo la bellezza dell’Umbria e le sue antiche e buonissime tradizioni enogastronomiche, già in un post precedente (Il Super Tannico), ho accuratamente descritto queso luogo meraviglioso, citando un’altra favolosa Azienda che ho visitato in Montefalco, una regione fantastica ricca di città meravigliose e paesaggi unici al Mondo sicuramente da visitare più di una volta.


Il Vino che ho scelto per l’abbinamento musicale si chiama “Sanvalentino” Igt Rosso Umbria, un blend tra Sangiovese e Montepulciano d’Abruzzo, vendemmia del 2007 bevuto in questi giorni dopo un lungo periodo di affinamento in bottiglia, un vino incredibile con piccoli residui organici in quanto Vivo, che si è evoluto nel tempo donando profumi e sapori veramente intensi, vera musica per il palato.
Il brano musicale che ho scelto in abbinamento al vino è un classico della musica Jazz, “Summertime” di George Gershwin, in una magnifica interpretazione di Janis Joplin (Live1969), un brano che ancora oggi è simbolo di un grande cambiamento stilistico ed interpretativo, vivendo di vita propria come il vino in questione.
Nell’introduzione troviamo una tromba ed un sassofono soprano che evocano melodie ancestrali, esaltando al massimo l’unione di questi due nobili vitigni, chitarra, basso e batteria si susseguono in un triangolo ritmico pungente a sottolineare la grande rotondità del corpo del vino, la voce graffiante e quasi al limite dell’estensione vocale della cantante, esalta tannicità ed acidità in un susseguirsi di stacchi strumentali e vocali improvvisati, dando vita ad un’enfasi quasi magica di profumi e sapori fruttati, mai scontati ed in continuo cambiamento all’interno della nostra bocca, il finale in un breve rallentando, si conclude in un cambio di tonalità maggiore nell’ultimo accordo, donando ampiezza e persistenza.
Questo è un abbinamento veramente unico, da fare in un momento di riflessione, magari sorseggiando lentamente davanti ad uno skyline mozzafiato come un paesaggio Umbro.

 

martedì 13 ottobre 2020

Il Vino in Anfora


Il VINO IN ANFORA: lE ORIGINI, I QVEVRI GEORGIANI PATRIMONIO UNESCO

In Georgia i produttori hanno conservato nei secoli i metodi e le tecniche di produzione antiche In origine, non c’era vino senza anfora: nei recipienti in terracotta, chiamati qvevri, i vini nascevano, si affinavano, venivano trasportati da una sponda all’altra del mare. Una storia che risale  all’età della Magna Grecia, quando l’uomo utilizzava la terracotta per la conservazione del vino. Le anfore arrivarono con i Greci e furono gli etruschi a diffonderle in Italia. Perché? Semplice, vino e terracotta era il connubio perfetto, il metodo naturale più facile da adottare; la straordinaria capacità di isolamento termico della terracotta permetteva una perfetta conservazione del vino grazie alle caratteristiche chimico-fisiche del materiale. 

LA RINASCITA DEL VINO IN ANFORA 

Per mantenere viva questa tradizione ed evitare che l’artigianato a essa collegato scomparisse, l’UNESCO ha inserito la produzione dei vini georgiani in qvevri nella lista dei patrimoni culturali intangibili dell’umanità. I qvevri vengono interrati fino alla primavera successiva per consentire prima la fermentazione e poi l’affinamento dei vini, sia bianchi sia rossi. A seconda delle tradizioni locali le tecniche possono variare. Tipica dell’area di Khakheti, nella Georgia orientale, è poi la pratica di fermentazione e affinamento con macerazione sulle bucce. Una tradizione secolare per garantire un trattamento assolutamente naturale, che esalti le caratteristiche varietali. 



IL VINO IN ANFORA IN ITALIA

Oggi si è voluto riprendere quella che è stata una delle più antiche tecniche di conservazione del vino nella storia dell’uomo per ridare vita ad un nuovo armonico equilibrio tra vino e natura.

Nel mondo enoico è ormai da una decina di anni che molti produttori hanno deciso di tornare all’utilizzo di questo metodo di vinificazione ancestrale, anche se c’è chi non ha mai smesso, come il produttore di vino in anfora per antonomasia, Josko Gravner: in Italia è stato il primo a sperimentare le tecniche di vinificazione imparate in Georgia, e dall’anno 2000 ha sostituito tutti i contenitori della sua cantina con dei qvevri georgiani. Il resto è poesia e dovrete indubbiamente andare a fargli visita su quella sottile linea di confine tra Italia e Slovenia. 

LA TERRACOTTA E IL VINO” IN ITALIA: IMPRUNETA

Ogni anno ormai, a Impruneta, paesello toscano nella provincia di Firenze nonché cuore della produzione di anfore, viene organizzato l’evento dedicato La Terracotta e il Vino”.  

Aziende della Georgia, uno dei paesi dove più è diffusa la pratica della vinificazione in anfore, le francesi di Borgogna, Champagne, Valle della Loira e Provenza, dall’Armenia con i suoi vini provenienti da vigneti di duecento anni e posti a 1500 metri di altezza sul livello del mare, dal Montenegro, ma anche dalla California, dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, e ovviamente dallo stivale tricolore, si danno appuntamento per fare il punto su questo stile di produzione che ormai è diventato diffusissimo in Italia.

Sin dalla prima edizione un banco d’assaggio è stato occupato dal produttore Francesco Cirelli, giovane vignaiolo abruzzese che dal 2003 realizza i suoi vini sulle colline teramane, nella Riserva dei Calanchi di Atri. Ed è a lui che abbiamo chiesto qualcosa in più sugli speciali vini in anfora. 

FRANCESCO CIRELLI, L’ITALIANO DELL’ANFORA

Ventidue ettari di genuinità di cui 6.5 vitati e il resto dedicati a fichi, ulivi, grani antichi, farro, ceci, aglio, luppolo e allevamento delle oche per prosciutti e salumi. Canonica produzione abruzzese con Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo, ma su due linee: la base che vede l’utilizzo di cemento e acciaio, e l’anfora che utilizza le 22 giare di Artenova per fermentazione e affinamento, e che regala appena 25.000 bottiglie annue (con una capacità di 30.000). Un Montepulciano molto bevibile e carico di freschezza, netto al naso con i classici profumi rossi e intensi dell’autoctono abruzzese ma con profumi più terrosi e piacevolmente rustici donati dall’anfora.

COME SI FA IL VINO IN ANFORA E QUALI SONO I SUOI VANTAGGI?




“Il vino in Anfora si fa come tutti gli altri vini, non ci sono grandi differenze se non una maggiore lavorazione, un maggiore intervento dell’uomo, una maggiore attenzione da un punto di vista igienico-sanitario. La terracotta funziona come se fosse un contenitore in legno ma il suo pregio è di non cedere alcun sapore. Quindi, in un certo senso, è un contenitore minimale in grado di rispettare maggiormente la purezza del vitigno scelto”, spiega Cirelli.

Una pratica sempre più diffusa Come mai oggi il vino in anfora è tornato a essere tanto diffuso? “Posso dirvi perchè ci sono tornato io – risponde Cirelli –  è successo perché ero alla ricerca di un metodo di lavorazione che riuscisse a dare un’impronta unica, autentica e fortemente identitaria ai miei vini. Con le anfore riesco a esaltare le uve che coltivo e a imbottigliare l’essenza più vera della mia terra. Chi le usa seriamente lo fa per questo, per glorificare le uve scelte e per rispettare al massimo l’identità dei propri vini”, conclude il produttore.


QUALI PRODUTTORI SONO GLI ALTRI PRODUTTORI ITALIANI DI VINO IN ANFORA?

Dopo avere citato il grande Josko Gravner e il valente Francesco Cirelli, difficile è scegliere altri produttori degni di visita (e assaggio), anche perchè oggi sono davvero numerosi. Di certo vale la pena conoscere realtà come Cacciagalli nell’alto salernitano in Campania, la mitica Azienda Agricola Foradori in Trentino Alto Adige, Michele Biancardi in Puglia, nella provincia di Foggia, Cristiano Guttarolo sempre in Puglia ma in provincia di Bari, la famiglia Casadei che lavora in Toscana (Maremma e Chianti) ma anche in Sardegna, Capitoni Marco Azienda Agraria in Toscana a Pienza, il Castello dei Rampolla sempre in Chianti, l’Azienda Agricola Montesecondo ancora nella storica zona del Chianti Classico.  



     (Articolo tratto da: Il Giornale del Cibo, scritto da Giovanni Angelucci il 03/10/2019)

lunedì 5 ottobre 2020

Le Buchette del Vino

 


Buchetta del vino in via del Sole, con una targa che ricorda gli orari di vendita

Firenze come in molte altre città della Toscana, sulle mura di parecchi palazzi del centro storico esistono alcune curiose aperture di piccole dimensioni usate per la vendita del vino direttamente in strada e chiamate le buchette del vino.

L'usanza di vendere vino direttamente dai palazzi nobiliari risale più o meno al XVI secolo quando gli stravolgimenti nei mercati europei portarono a una ridefinizione dei commerci internazionali e delle attività manifatturiere, che portò a un inesorabile declino di quelle attività che avevano reso Firenze ricca e potente durante il medioevo e il Rinascimento. In quel periodo le grandi famiglie aristocratiche iniziarono a convertire le proprie attività in terreni agricoli e latifondi, dalla rendita più stabile, dove venivano prodotti vari beni, tra i quali un posto preminente era legato proprio alla produzione vinicola.

Le buchette permettevano di vendere con discrezione il vino al minuto direttamente in strada, evitavano di ricorrere all'intermediazione degli osti e dovevano avere una clientela molto vasta, come dimostra la loro diffusione.

Altra utilizzazione di queste "buchette" riservata esclusivamente ai palazzi nobiliari, era quella di beneficenza. Infatti, si usava lasciare nel piccolo vano che, considerata la sua ridotta altezza da terra garantiva l'anonimato, cibo o una brocca di vino appunto per i più bisognosi. 

Dal punto di vista architettonico le buchette aprivano su un vano al pian terreno del palazzo facilmente collegabile alla cantina, dove un servitore curava la vendita delle bottiglie del vino in determinate ore del giorno. Le aperture permettevano appena il passaggio di un fiasco e presentano quasi sempre una forma a porticina con un archetto superiore, spesso decorato da una cornice con punta a goccia, chiuso da una porticina in legno. Le eleganti cornici di pietra liscia o bugnata che gli conferivano un sobrio aspetto tanto da essere detti in antico "tabernacoli del vino".

Alcune buchette sono oggi murate, mentre altre riportano ancora lapidi che informano i clienti sugli orari di vendita stagionali. Le meglio conservate si trovano in via del Giglio e in via del Sole.


Nel corso del '600 le Buchette del Vino furono utilizzate a Firenze per acquistare vino durante l'epidemia della peste, che tra il 1629 e il 1633 mise in ginocchio l'Italia e l'Europa. I vinai della città, per evitare il contagio, vendevano il vino attraverso piccoli portelli scavati nei muri di cemento di cantine e negozi.

Come sono le buchette? Le piccole finestrelle del vino aprivano su un vano al pian terreno del palazzo facilmente collegabile alla cantina, dove un servitore curava la vendita delle bottiglie del vino in determinate ore del giorno. 

Durante il lockdown alcuni esercenti fiorentini hanno ripreso questa antica e utile tradizione mettendo in funzione le antiche buchette del vino. I primi a riaprire le piccole finestrelle sono stati: la gelateria Vivoli in pieno centro a Firenze, Babae in via Santo Spirito, Osteria delle Brache in piazza Peruzzi, Il Latini in via dei Palchetti.

Ci sono più di 150 Buchette di Vino a Firenze e altre sparse in tutta Toscana e c'è un sito che le segnala tutte e ne racconta la storia si chiama Buchette del Vino e vi mostra l'elenco di tutte le finestrelle sparse per la Toscana. 


Una bellissima storia che ha ripreso vita attraverso un momento della nostra storia molto triste e difficile, un segno distintivo ed unico che arricchisce ulteriormente la cultura e la bellissima storia della nostra Toscana, riportando in vita antiche tradizioni di grandissima importanza storica.


(Le fonti dell’articolo provengono da Wikipedia e Zingarate.com)


 

venerdì 18 settembre 2020

Il Vino della Casa dei Ristoranti


Vino della Casa si, o Vino della Casa no, questo è il problema!!!
Come Sommelier e soprattutto Wine Lover, al ristorante mi piace scegliere ed abbinare un vino particolare in base a quello che mangio, non sempre però capita di farlo in base alle varie situazioni, ad esempio se sono a tavola con persone che non bevono vino, se il pasto che stò facendo è qualcosa di veloce come un pranzo di lavoro, oppure se il ristorante ha una carta dei vini molto limitata e troppo esuberante in rapporto qualità/prezzo.
Recentemente ho fatto un piccolo test a giro per le Osterie e Ristoranti della Toscana, provando ad ordinare il vino della casa, assaggiando quindi vini di aziende del luogo e chiaramente cercando di ordinare piatti consoni per l’abbinamento al vino in questione.
La scelta di questa tipologia di vino da parte del ristoratore, è mirata ad accontentare qualsiasi bevitore anche non esperto, senza gravare sulla scelta della bottiglia che quasi sempre viene fatta molto casualmente, che nel costo finale, secondo dove vi trovate, incide molto sul totale del conto.
Il ristoratore in questo caso, se è un intenditore di vino, opta su Aziende locali a lui conosciute, acquistando vini giovani e pronti, in bag in box per una lunga conservazione, da versare in caraffe di diverse misure, in base alle esigenze del cliente.
Normalmente nei ristoranti Toscani come vino sfuso rosso, il Sangiovese fa da padrone, mi è capitato in alcuni casi dei blend di Sangiovese e Merlot, che ho gradito moltissimo, come per esempio in un ristorante in centro a Radda in Chianti di nome “La Bottega di Giovannino”, dove devo dire sono rimasto molto sorpreso per rapporto qualità e prezzo, anche in alcuni ristoranti nell’Empolese, dove servono un Sangiovese in purezza di ottima qualità della “Fattoria di Piazzano”, ed anche a Montaione al “Pesce Rosso” , dove servono un Trebbiano (bianco) molto gradevole.
Nel caso dei vini bianchi in Toscana la scelta è molto più limitata e rischiosa, a causa che in questa regione siamo più propensi e bravi alla vinificazione dei rossi, quindi possiamo trovare in tavola del Trebbiano o in alcuni casi dello Chardonnay, certe volte anche tagliati insieme, quello che consiglio sempre, è di evitare i vini frizzanti che sono pieni di solforosa e possono dare fastidio, altrimenti se non conoscete il ristorante, ordinate una bottiglia ed andate sul sicuro, magari un buon Vermentino Toscano, perché non vale la pena mangiare dei piatti buonissimi accompagnati da pessimi vini, ricordate che il giusto abbinamento esalta al massimo la vostra esperienza culinaria.
Quando mi trovo ad ordinare un vino sfuso, chiedo sempre il vitigno di provenienza e se sono indeciso o sono nuovo del posto, chiedo se è possibile fare un assaggio prima di ordinarlo, un bravo ristoratore non si rifiuta mai davanti a questa richiesta, quindi non vi peritate a farlo.
Una vecchia tradizione, come la fiaschetta a consumo, stà tornando di moda in alcune Osterie tipiche toscane, dove trovi già in tavola il vino e viene prezzato in base a quanto ne consumi, una simpatica soluzione di antiche usanze, anche se questa non garantisce la qualità di quello che stiamo bevendo.
Nelle zone importanti a livello vinicolo, come il Chianti Classico ed il Chianti in generale, nella zona di Bolgheri e Val D’Orcia, difficilmente troviamo vini di pessima qualità, soprattutto in ristoranti famosi o storici di città turistiche, chiaramente se ne avete la possibilità, ordinate sempre una buona bottiglia, perché: “la Vita non è abbastanza lunga per bere vino cattivo”.


giovedì 10 settembre 2020

Un Vermentino Lunare


Un Vermentino dove il rapporto qualità e prezzo è imbattibile sotto ogni punto di vista, "Cantine Lvnae", un'Azienda che nasce ed affonda le proprie radici, in un territorio storicamente importante e si ispira al nome della città di Luni (antico Porto Etrusco e Greco), successivamente colonizzata dai Romani nel 177 A.C.
Un luogo veramente magico, nel cuore della Lunigiana in provincia di La Spezia, ultimo lembo della Liguria di levante, al confine con la Toscana, dove il Vermentino riesce ad esprimere il meglio di se stesso, fondendo gli antichi sapori della Liguria a quelli della Toscana.
Un'Azienda a conduzione familiare da tre generazioni, dedita alla coltivazione e preservazione del territorio, dove nel 1966 Paolo Bosoni raccoglie l'eredità della famiglia, concentrando la propria attenzione sulla viticoltura, creando negli anni vini di altissima qualità.
Una superficie vitata che si estende su 45 ettari, dalla pianura a sud del fiume Magra, alla Alpi Apuane, di cui tre di questi caratterizzati da vigneti sperimentali, per studiare e sviluppare le caratteristiche dei vitigni tradizionali ed autoctoni del luogo (tra cui Pollera Nera e Massareta), in collaborazione con la Regione Liguria ed il Centro Nazionale di Ricerche di Torino.
Una delle affermazioni più belle, fatta da Debora Bosoni (figlia di Paolo), che rispecchia in pieno il lavoro di questa Azienda è:
“Crediamo che il vino sia materia viva, il risultato di azioni fisiche ed energie sottili che ne formano la struttura, il carattere, per farne l’immagine del territorio di provenienza e della tradizione vitivinicola dell’uomo nel proprio luogo”, un concetto che io personalmente apprezzo molto, e come materia viva e vibrante di emozione, diventa musica per il nostro palato, dove riesce a dare il massimo di se stesso, in una degustazione sonora.



Il Vino che ho scelto per l'abbinamento musicale è il Vermentino Doc, il vitigno che da sempre viene coltivato e che rappresenta maggiormente l'Azienda per le sue prerogative uniche legate al territorio.
Il brano musicale in abbinamento al vino è una canzone di Robbie Williams - "Feel", l'armonia molto lineare e chiara rispecchia in pieno il corpo del vino armonioso e deciso, mentre gli accordi ripetuti del pianoforte fin dall'introduzione, sottolineano la grande freschezza e la giusta sapidità, la voce del cantante molto rotonda e graffiante negli acuti, esalta nella nostra bocca note come pompelmo, biancospino, mela renetta e pesca bianca, mentre nelle note molto basse grazie alla sua grande estensione vocale, troviamo a fine frase un retrogusto leggero di miele di acacia, il finale della canzone ci lascia con una giusta ed equilibrata persistenza in bocca, invitandoci nuovamente ad un'altro sorso di vino.
Un vino molto indicato per piatti a base si pesce sia crudo che cotto, sicuramente da bere in compagnia, in una degustazione sonora molto piacevole e brillante, ricca di emozioni ed energia, perché dietro ad ogni sorso di vino, c’è sempre una bellissima storia da raccontare.


domenica 6 settembre 2020

Vendemmia 2020


Finalmente siamo entrati nel periodo più bello ed importante dell’anno Vitivinicolo, la Vendemmia.
Un momento magico dove si contano i giorni, le ore ed i minuti, il tempo che gioca un ruolo importantissimo per la raccolta dell’uva, si ferma come per magia, regalando momenti emozionanti a tutte le persone coinvolte nella Vendemmia, entrando tutt’uno con la natura e la vera essenza di questo bellissimo mondo.
Un' antica tradizione dove persone anche sconosciute, si trovano e collaborano insieme per un breve periodo dell'anno, dando vita all'inizio di un nuovo anno per il vino e celebrando insieme un momento di vera felicità e convivialità.
Un anno difficile dal punto di vista delle vendite a causa del Covid 19, ma sicuramente un buon auspicio per il futuro ed il ritorno alla normalità, con l'augurio di tornare al più presto tutti insieme a brindare senza preoccupazioni alla nostra salute.
Il commercio ed il turismo stanno incominciando a ritornare e pian piano vedremo i frutti di queste ultime bellissime vendemmie, a livello organizzativo per gli eventi enogastronomici siamo ripartiti anche noi come Associazione Culturale "Bacco Per Bacco Italia", nel mese di Luglio con una visita nella bellissima Cortona in Toscana, alla scoperta del magnifico Syrah, ed in Ottobre ripartiremo alla scoperta di Parma, in tutta la sua bellezza e tradizione enogastronomica.


Il mondo del vino negli nell'ultimo ventennio, è cambiato moltissimo nel panorama internazionale, trasformando una produzione che nel passato mirava alla quantità, ad una produzione molto più ridotta ma di grandissima qualità, riaffermando ed esaltando vitigni autoctoni in passato sconosciuti o quasi scomparsi, dando modo ad un paese come l'Italia, che per diversificazione di vitigni è la Nazione più importante al mondo, di crescere in modo esponenziale nel commercio del vino a livello mondiale, sia come vendite che come turismo enologico in tutta la penisola.
La cultura del vino e del bere bene, si stà diffondendo sempre dipiù in tutta Europa, dando vita ad un turismo di qualità alla ricerca dell'eccellenza Italiana, creando nuovi itinerari all'interno del nostro paese e riqualificando aree in passato dimenticate, di una bellezza ed importanza a livello culturale veramente incredibile.
Voglio ringraziare tutte le Cantine che nel corso di questi anni ci hanno ospitato e fatto conoscere il loro prezioso lavoro attraverso la loro cordialità ed ospitalità, facendoci degustare prodotti di vera eccellenza ed emozionandoci con le loro parole, la vera Italia è fatta di queste magnifiche persone che con il loro impegno e sacrificio, si mettono in gioco tutti i giorni con tutte le problematiche del caso, ma riescono a valorizzare un prodotto di grande eccellenza come il vino italiano.
Un saluto a tutti quelli che ci conoscono come Associazione, ma anche personalmente, con l'augurio di rivederci al più presto davanti ad un ottimo bicchiere di vino ed il sorriso sulla faccia.
Buona Vendemmia e soprattutto, Buona Vita a Tutti quanti.


venerdì 28 agosto 2020

I Vini Passiti

                  (Appassimento delle Uve per L'Amarone)

vini passiti sono vini ottenuti da uve sottoposte a procedimenti di disidratazione, più o meno avanzata, naturale o forzata.
I passiti vengono a volte erroneamente catalogati tra i vini speciali, ma da un punto di vista normativo sono considerati vini normali, in quanto dopo il processo di vinificazione e prima di essere immessi sul mercato non vengono sottoposti a ulteriori interventi tecnici o all'aggiunta di altri componenti.
Infatti i vini passiti sono prodotti utilizzando le stesse tecniche di vinificazione impiegate per i vini normali, con la sola differenza che le uve, prima di essere vinificate, vengono sottoposte per un periodo di tempo più o meno lungo ad appassimento, cioè a una riduzione o eliminazione dell'acqua (disidratazione) presente nell'acino.
Lo scopo di tale procedimento è quello di sottoporre l'uva a sovramaturazione al fine di concentrare nella bacca numerosi composti, quali: zuccheri, acidi organici, sali minerali e profumi. I vini che si ottengono in seguito a questo processo sono detti "passiti" e sono solitamente caratterizzati da uno spiccato contenuto alcolico e da un residuo zuccherino più o meno elevato.
Esistono anche i passiti liquorosi ovvero vini ottenuti da uve appassite e addizionati da una componente alcolica. Nell'ambito delle denominazioni, il passito liquoroso italiano più famoso è senz'altro la versione liquorosa delPassito di Pantelleria DOC.
Da notare che esiste una differenza (nell'ambito dei vini da sovramaturazione) tra vendemmia tardiva e passito: in termini molto semplici, il primo è un vino "poco" passito, il secondo è il passito classico. Alcuni disciplinari (italiani ed esteri) prevedono la tipologia vendemmia tardiva, altri il passito[1].
Inoltre, nonostante quello che si ritiene comunemente (anche se erroneamente) i passiti non sono solo dolci o amabili: esistono anche i passiti secchi. Due esempi italiani illustri: l'Amarone e lo Sfursat. Invece, è vero che la maggior parte dei passiti siano dolci o amabili o abboccati.

Modalità  

Può essere effettuato in due maniere:
La prima tecnica lascia appassire gli acini d'uva direttamente sulla pianta, mediante:
La seconda tecnica lascia appassire i grappoli o gli acini d'uva, dopo essere stati vendemmiati:
  • in ambiente aperto su stuoie o graticci, oppure appesi;
  • in ambiente chiuso, in appositi locali con particolari condizioni di temperatura e umidità.
Dopo l'appassimento le uve vengono pressate e vinificate (utilizzando di solito il metodo di vinificazione in bianco) ed il periodo di affinamento può durare anche alcuni anni.
Un ulteriore sistema per ottenere i vini passiti è quello della estrazione a freddo, consistente nel lasciare le uve appena raccolte ad alcuni gradi sotto lo zero per una notte e pressarle immediatamente dopo; poiché atemperature appena al di sotto dello zero congelano solo gli acini meno maturi (che contengono più acqua), il mosto che si ottiene sarà ricavato solo da quelli più maturi, quindi più ricchi di zucchero.
Se i vini passiti vengono addizionati con alcol o mosto fermentato danno luogo ai vini passiti liquorosi(riconoscibili anche per l'apposita etichetta che si trova sul collo della bottiglia).
vini passiti, a seconda delle interpretazioni, si prestano a periodi di affinamento (ossia prima della messa in commercio) anche molto lunghi (anni), in bottiglia o in piccole botti (barriques) o piccolissime (caratelli), come per il Vin Santo Toscano, di rovere ma anche di essenze diverse. Inoltre la loro concentrazione in zuccheri e acidi li rende particolarmente longevi.

                  (Appassimento delle Uve di Pantelleria)

Varietà

La produzione di vini passiti è molto diffusa in tutto il mondo, i più conosciuti sono:
Nello specifico in Italia:
  • Il Moscato di Trani è ottenuto da uve appassite esclusivamente in pianta, raccolte a mano selezionando i grappoli sani e senza muffe (botrytis cinerea) per non compromettere l'identità del vitigno e del territorio.
  • Lo Sciachetrà delle Cinque Terre, il Greco di Bianco, e i vari Vin Santi e Vino Santo che sono ottenuti da uve lasciate appassire sia in ambiente aperto che chiuso.
  • Il Passito di Pantelleria deve essere ottenuto dallo Zibibbo, e proviene da mosti di uve marziani, sottoposte in tutto o in parte, sulla pianta o dopo la raccolta, ad appassimento al sole. La versione addizionata è il Pantelleria Passito liquoroso.
  • Lo Sforzato di Valtellina (o Sfursat di Valtellina), passito secco da Nebbiolo raccolto manualmente a raggiunta maturazione e lasciate appassire su appositi graticci fino a raggiungere una concentrazione zuccherina tale da ottenere un vino asciutto ma morbido, di circa 15 gradi alcolici e strutturato. Lo Sfursat è un vino "aristocratico" dato che è il risultato di una combinazione unica: uno dei più grandi vitigni al mondo, appassito e coltivato in montagna.
  • L'Amarone della Valpolicella, passito secco corposo, con alcool tra i 15 e i 17 gradi. Viene ottenuto da uve autoctone della Valpolicella (provincia di Verona) principalmente di Corvina e Rondinella, vendemmiate manualmente con selezione dei grappoli migliori e posizionate ancora manualmente su "arele veronesi" (graticci di bambù) e/o plateaux di legno per minimo 100 giorni dopo la vendemmia. In questo periodo, analogamente al citato Sauternes, l'uva Corvina può essere attaccata dalla muffa nobile la cui presenza garantisce una maggiore rotondità e "facilità di beva" apportando maggiore glicerina. Pigiatura a gennaio-febbraio con fermentazioni di oltre 40 giorni e affinamento almeno di 24 mesi tra legno e bottiglia. Si differenzia dal Recioto della Valpolicella in quanto quest'ultimo è dolce e di "soli" 13-14 gradi alcoolici, pur essendo prodotto con lo stesso sistema di appassimento, ma con un tempo di fermentazione più breve che preserva un residuo zuccherino superiore ai 50 g/L (l'Amarone si aggira attorno ai 4-6 g/L). Oltre, alla Corvina e alla Rondinella, il disciplinare permette piccole % di altre uve a bacca nera permesse in provincia di Verona, anche se molti produttori utilizzano, per la quota di uvaggio residuo, vitigni autoctoni seppur ormai rari. L'Appassimento in Valpolicella era una pratica conosciuta già al tempo dei Romani, ecco spiegata la tecnica di appassimento per vini come Amarone e Recioto.
  • Il Greco di Bianco, ottenuto da uve lasciate appassire su graticci di canne.
  • L'Erbaluce di Caluso passito, originario dei dintorni della cittadina di Caluso. Le uve raccolte a metà settembre vengono messe ad appassire su graticci e pigiate nel mese di marzo dell'anno successivo.
  • Moscato di Scanzo DOCG, prodotto con uve autoctone di Moscato di Scanzo, prodotto esclusivamente nella zona collinare del Comune di Scanzorosciate, ciò lo rende la più piccola DOCG di Italia. La vendemmia è tardiva, fine Settembre inizio Ottobre, e si fa solamente manualmente selezionando i grappoli migliori che poi vengono posizionati ad appassire su graticci fino all'ottenimento di un tenore zuccherino di 280g/l, minimo 21 giorni, la resa massima dell'uva in vino è del 30%; può essere imbottigliato dal 1º novembre del secondo anno dopo la vendemmia, periodo nel quale viene affinato in botti di acciaio.
  • Icewines

    In alcuni dei paesi più freddi, come CanadaAustria e Germania, in zone ai limiti della latitudine che consente la coltivazione della vite, si producono vini passiti utilizzando una tecnica particolare, facendo così nascere gli Icewines. I grappoli sono tagliati dai tralci all’epoca della vendemmia e lasciati sulle viti ad appassire. La raccolta avviene a gennaio, dopo che essi sono stati avvolti da un velo ghiacciato, che  congela l’acqua all’interno degli acini, concentrandone le sostanze al loro interno. La raccolta e la pigiatura devono sempre avvenire a temperature sotto lo zero, ottenendo un mosto molto povero di acqua ma concentrato in zuccheri, acidi, sali ed altre sostanze estrattive. Gli Icewine hanno colori dorati o ambrati, profumi di miele e mele cotte, di frutta esotica molto matura e sciroppata, di confetture, di spezie dolci. Di grande acidità, gliIcewine sono ravvivati da una vena minerale ,con una lunga scia finale. In Germania e Austriaquesti vini dolcissimi vengono ottenuti da uve Riesling, mentre in Canada si utilizza una specie autoctona di vite americana, il Vidal.
  • (Tutte le notizie citate sono fonti provenienti da Wikipedia e Quattrocalici)

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